CRISTO MORTO IN CROCE
di ignoto di scuola romana – XVI secolo
dimensioni: m. 4,10 x 2,35 x 1,85
numero portatori: 16
Confraternita di N. S. di Castello
La tradizione vuole che l’opera provenga da Roma e sia un dono dei Della Rovere (famiglia savonese dei due Papi, Sisto IV e Giulio II) alla Confraternita, cui detta famiglia apparteneva.
E’ una rappresentazione veramente classica e risente della scuola di fine XVI secolo. Anche su questa Cassa per tenere l’illuminazione vi sono quattro angeli piangenti che non sono dello stesso autore del Cristo, ma di scuola secentista.
La figura del Cristo non è conforme alla tradizione ligure e rivela nella profonda umanità sofferente del volto, la sua adesione alla cultura tardo-rinascimentale.
Approfondimento di Don Giovanni Margara
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La scena in cui si colloca la morte di Gesù è dominata dalle tenebre.
Si fa uno strano buio sulla terra tra mezzogiorno e le tre del pomeriggio. E’ l’ora delle tenebre: il male sembra avere vinto sul bene.
Il Figlio di Dio è sconfitto, inchiodato e agonizzante sulla sua croce; inchiodato a colpe non sue, ridotto all’impotenza ed esposto all’infamia.
Gesù grida a gran voce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.
Dopo le urla sguaiate dei suoi carnefici, oltre il grido della folla inferocita che acclamava alla sua condanna, ora è il Signore a far risuonare potente la sua voce.
E’ impressionante questo urlo. Non è un grido di dolore: con questo grido Gesù consegna al Padre tutto se stesso e quindi tutta l’umanità che ha accolto in sé.