LA FLAGELLAZIONE
di ignoto di scuola napoletana del XVII secolo
dimensioni: m. 2,00 x 2,10 x 1,80
numero portatori: 12
Confraternita dei SS. Pietro e Caterina
La Cassa si compone di tre statue: Gesù legato e due flagellanti.
L’opera si distingue dalle altre Casse settecentesche per la minore ricerca di effetto espressivo ed un più ingenuo realismo (si notino i flagelli veri); anche la cromia meno accurata rivela il carattere meno colto di questo gruppo rispetto a quelli liguri.
Secondo Filippo Maria Besio la Cassa napoletana giunse a Savona nel 1623 per mezzo del nobile savonese Francesco Rocca, mentre secondo il Ratti fu merito del Vescovo mecenate Giò. Stefano Siri, disciplinante della stessa Confraternita, se importarono il gruppo scultoreo in sostituzione delle sacre rappresentazioni, da poco proibite da parte dell’Autorità Ecclesiastica.
Questo avvenimento fu sicuramente di spunto per gli artisti liguri che da allora si dedicarono alla realizzazione delle altre Casse processionali.
Approfondimento di Don Giovanni Margara
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Le atrocità proseguono con la raffinata crudeltà di cui i Romani sono maestri.
Il flagello è un terribile strumento di tortura che ha il compito si scarnificare il corpo del condannato a morte, procurandogli ferite dolorosissime su tutto il corpo.
A questa crudeltà è abbinato l’assurdo giudizio di Pilato.
Lui che ha interrogato Gesù, per ben tre volte constata e dichiara la sua innocenza e per ben tre volte decide di sottoporlo a punizione. Che senso ha?!
Da quando ha senso punire un innocente? Se riusciamo ad immaginare l’effetto di questo terribile male fisico inferto a Gesù, riusciamo anche a immaginare qual è l’effetto morale dell’ingiustizia su una persona giusta? Non è forse altrettanto lacerante e doloroso?